Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
La « situazione politica »
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 115, p. 3
Data: 15 maggio 1955


pag. 3




   Sbaglierebbe di grosso chi si immaginasse che i reggitori degli Stati, i capi dei governi, i ministri e i sottoministri, i legislatori dei popoli, i grandi personaggi consolari e parlamentari, i presidenti e i consiglieri dei partiti, consacrino la maggior parte delle ore lavorative alla direzione della cosa pubblica, alle cure degli affari urgenti, alla tutela dei pubblici interessi, al perfezionamento delle leggi, alla attuazione delle riforme, alla elaborazione dei principi e delle teorie che ispirano e guidano i movimenti sociali.
   Niente affatto: la prima, la quotidiana, la mattutina, la serale, la notturna, la perenne e continua e ripetuta occupazione di tutti coloro che abbiamo enumerato è un'altra, considerata fondamentale ed essenziale. cioè « l'esame della situazione politica ».
   Sembra che tutti quei pezzi grossi, dai massimi ai medi, non abbiano nella vita altra faccenda più importante di quella di esaminare la « situazione politica ». Quasi tutti i convegni, quasi tutti i colloqui, quasi tutti gli incontri, quasi tutte le riunioni e le adunanze e le assemblee, hanno come programma e come scopo «l'esame della situazione politica ». Questo esame viene ripreso e ricominciato a ogni levata di sole e ad ogni spuntar di luna, il che farebbe supporre che questa famosa « situazione politica » cambia continuamente o, per lo meno, ogni ventiquattr'ore. Questa mania sembra tanto più bizzarra e sorprendente a coloro che conoscono la storia del mondo moderno e contemporaneo. Difatti questi ripetuti e reiterati esami non possono riferirsi alle idee, perchè ai nostri giorni, nel nostro Paese, tutti i partiti, da quelli più neri dell'antracite a quelli più rossi del fior di papavero, proclamano i medesimi, gli stessi, gli identici principi e programmi, cioè l'elevazione morale e materiale delle classi lavoratrici, la giustizia sociale, la riforma del sistema economico, la prosperità del Paese e la pace armata ma perpetua. Perciò la « situazione politica », nella sua reale concretezza, da lunghissimo tempo non cambia e non può cambiare profondamente.
   V'è un gruppo o una lega di gruppi che detiene il potere ed ha perciò un'apparenza di autorità e qualche privilegio. Ma quelli che compongono codesti gruppi non sono del tutto contenti perchè nascono fra loro rivalità di ambizioni e perchè sono costretti a fare i conti con quei gruppi che non partecipano al potere ma che tentano di sbalzare con tutti i mezzi coloro che l'hanno ottenuto. Gli oppositori sono, nel fondo, felici e fortunati di poter fare la guerra agli apparenti piloti e timonieri della nazione, ma, d'altra parte, li assilla e li avvelena il malcontento perchè non hanno ancora i titoli, gli onori, i privilegi, le cariche e gli uffici ai quali aspirano. La « situazione politica » si riduce, dunque, a una guerra fredda tra i poco contenti, che stanno seduti nelle poltrone, e i malcontenti che vorrebbero andare al loro posto. Non si tratta, dunque, di una situazione che di pomeriggio in pomeriggio cambia aspetto, ma semplicemente di mutare o di rimescolare in altro modo i nomi delle persone che via via vanno giù o vanno su. Questa è la sostanza autentica di ogni « situazione politica » e tutti gli esami diurni e notturni dei nostri infaticabili esaminatori non possono riferirsi che a semplici sostituzioni di uomini, che vengono retrocessi o promossi.


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